Marburg Virus
La febbre emorragica di Marburg è una malattia virale causata da un virus indigeno dell’Africa, molto simile a quello dell’Ebola, appartenente alla famiglia delle Filoviridae.
Per quanto raro, il virus responsabile ha la capacità di causare epidemie ad elevata mortalità. È stato infatti rapidamente riconosciuto come un agente patogeno di estrema importanza globale ed è attualmente classificato come patogeno del gruppo di rischio dall'Organizzazione mondiale della sanità e come agente selezionato dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie.
CAUSE
Il virus di Marburg (MARV) è l'agente eziologico responsabile per la malattia da virus di Marburg (MVD) nell'uomo, con un tasso di mortalità che varia dal 23 al 90%, a seconda dell'epidemia. È un membro della famiglia Filoviridae, che comprende i generi Marburgvirus, Ebolavirus, Cuevavirus, Striavirus e Thamnovirus.
Sebbene generalmente meno noto del suo cugino Ebola virus (EBOV), MARV è stato il primo scoperto in seguito a epidemie verificatesi in Germania e a Belgrado, nella ex Yugoslavia. I primi casi furono individuati in esemplari di scimmie importate dall’Uganda che contagiarono ricercatori in alcuni laboratori. Ben 25 infezioni primarie portarono alla morte di 7 individui.
Il virus riapparve poi nel 1975 in Sudafrica, ancora nel 1980 e nel 1987 in Kenya, pochissimi casi vennero immediatamente isolati.
Epidemie più violente si sono registrarono invece tra il 1998 e il 2000 nella Repubblica democratica del Congo e nel 2004 in Angola, con più di un centinaio di morti.
TRASMISSIONE
La trasmissione tra gli esseri umani avviene attraverso il contatto diretto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi corporei di persone infette.
Il virus non si trasmette durante il periodo di incubazione, che dura da 3 a 9 giorni. Il momento in cui il paziente è più contagioso è invece quello della fase acuta della malattia, soprattutto durante le manifestazioni emorragiche. Il contagio è favorito da condizioni sanitarie precarie, che frequentemente si riscontrano nei Paesi a basso reddito, e dove le persone sono a contatto diretto con il malato, con superfici e materiali infetti. Anche le cerimonie funebri in cui parenti e amici hanno un contatto diretto con il corpo del defunto svolgono un ruolo significativo nella trasmissione del virus.
Gli operatori sanitari sono stati infettati durante il trattamento di pazienti affetti da Marburg, per via di uno stretto contatto senza corrette precauzioni di controllo delle infezioni e procedure infermieristiche di barriera inadeguate. Ad oggi, circa il 9% delle vittime di Ebola o Marburg sono stati operatori sanitari.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA
Le malattie di questo gruppo si verificano ampiamente nelle regioni tropicali e subtropicali. Le febbri emorragiche di Ebola, di Marburg e la febbre di Lassa si manifestano nell’Africa subsahariana.
Nel 1999 è stato identificato un focolaio nella Repubblica Democratica del Congo, dove si pensa che si siano verificati molteplici eventi di ricaduta nella popolazione umana nel corso dei 2 anni successivi. Questo focolaio ha provocato un totale di 154 casi, con un tasso di mortalità dell'83%.
Nel 2005 il più grande focolaio documentato di MARV si è verificato in Angola con 252 infezioni umane documentate e 227 decessi; un tasso di mortalità del 90%.
Le epidemie hanno continuato a manifestarsi dal 2005, registrando un focolaio nel 2007 in Uganda, due casi nel 2008 che hanno coinvolto turisti in visita in Uganda che tornavano a casa negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi. Successivi focolai si sono poi sviluppati in Uganda nel 2012, 2014 e 2017.
Tutti i focolai di MARV registrati hanno avuto origine in Africa.
Diverse specie di pipistrelli sono state individuate come serbatoio ospite per il virus, tra questi il più quotato è il Rousettus aegyptiacus, il pipistrello della frutta egiziano.
Numerosi casi sono stati segnalati tra turisti e minatori, che molto probabilmente hanno contratto MARV nelle grotte habitat di questi animali.
Il virus vivo è stato isolato dai pipistrelli R. aegyptiacus all'interno della grotta di Kitaka, in Uganda, il luogo in cui avevano lavorato i minatori a cui era stata diagnosticata la MVD.
SINTOMI
Ci sono poche descrizioni cliniche dettagliate di MVD, a causa della natura rurale della maggior parte dei focolai in Africa; la disponibilità di dati patologici e di laboratorio è dunque limitata.
Le descrizioni dettagliate che esistono provengono dall'epidemia iniziale a Marburg in Germania, e dall'epidemia a Johannesburg, Sud Africa, che coinvolse tre pazienti e alcuni casi isolati.
Simile a molte altre malattie infettive, i casi di MVD riportano inizialmente sintomi simil-influenzali come brividi, febbre, mal di testa, mal di gola, dolori muscolari, dolori articolari e malessere, che emergono tra i 2 e i 21 giorni dopo l'infezione iniziale.
Entro 2-5 giorni dai primi sintomi i pazienti possono avvertire dolore addominale, nausea, vomito, diarrea acquosa e letargia.
Nei giorni 5-7 l'intensità della malattia aumenta e può includere un'eruzione maculopapulare che si diffonde dal tronco agli arti, congiuntivite, febbre sostenuta e sintomi di febbre emorragica, come sanguinamento delle mucose, petecchie, sangue nelle feci, vomito e sanguinamento dai siti di venipuntura.
L'eruzione maculopapulare inizia come piccole macchie rosso scuro intorno ai follicoli piliferi del tronco e talvolta nella parte superiore delle braccia, sviluppandosi in un'eruzione cutanea diffusa e può diventare un eritema scuro che copre viso, collo, torace e braccia.
Sintomi neurologici come confusione, agitazione, aumento della sensibilità, convulsioni e coma possono verificarsi nelle fasi successive della malattia.
I pazienti guariscono dalla malattia o muoiono per disidratazione, emorragia interna, insufficienza d'organo o qualche combinazione di fattori sistemici facilitati da una risposta immunitaria al virus disregolata. I pazienti che sopravvivono in genere non manifestano i sintomi gravi della fase avanzata, ma possono manifestare sequele come artrite, congiuntivite, mialgia e sintomi di psicosi durante e dopo il recupero.
DIAGNOSI
L'infezione da virus Marburg va sospettata in pazienti con predisposizione a emorragie, febbre e altri sintomi in accordo con l'infezione precedente da filovirus, di ritorno da viaggi in aree endemiche.
I test utili all’identificazione della malattia comprendono emocromo con formula, esami ematochimici di routine, test di funzionalità epatica, esami della coagulazione e analisi delle urine.
I test diagnostici comprendono test di immunoassorbimento enzimatico (ELISA) e RT-PCR (Real Time, Polymerase Chain Reaction). Il metodo di riferimento per la diagnosi è l'identificazione dei caratteristici virioni mediante microscopia elettronica di tessuto infetto o sul sangue.
TRATTAMENTO
Non esiste una terapia specifica per Marburg. L’unico trattamento è quello, laddove possibile, di assistere il paziente, cercando di ricostituire la sua riserva di acqua ed elettroliti, fornendo ossigeno ed effettuando trasfusioni di sangue.
Sono in fase di sviluppo diversi farmaci candidati, che mostrano risultati promettenti, ma la loro sicurezza ed efficacia nell'uomo non è ancora nota.
PREVENZIONE
Non esistono vaccini o trattamenti autorizzati per la MVD, in parte a causa della difficoltà di eseguire studi clinici data la gravità, la scarsa frequenza e la natura rurale delle epidemie di MVD.
Per i viaggiatori che visitano un Paese dove si sta registrando un’epidemia di Marburg, è opportuno raccogliere informazioni sulla malattia prima di intraprendere il viaggio in modo da rivolgersi immediatamente a un presidio medico al primo sintomo di febbre, adottare pratiche igieniche stringenti (come lavarsi le mani frequentemente) e non mangiare carne di animali selvatici, come ad esempio quella di scimpanzé o di scimmia.
Bibliografia:
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