Mete tropicali e febbre tifoide, un’infezione alimentare
Data pubblicazione: 19/05/2023 - Ultimo aggiornamento: 21/08/2023
Categoria: News - Autore: Lavinia Barone
La febbre tifoide, conosciuta anche come febbre enterica o tifo addominale, è causata dal batterio Salmonella enterica sierovariante typhi (Salmonella Typhi). L’uomo è l’unico vettore della malattia che, se non trattata, ha un tasso di mortalità superiore al 10%.
Le aree geografiche nelle quali è maggiormente presente sono Subcontinente indiano, Africa, Sud-Est asiatico, Sud America, mentre in Italia l’incidenza è pari a 2 casi per 100.000 abitanti/anno (in particolare nelle zone meridionali e costiere).
Il batterio si trasmette prevalentemente per via oro-fecale, più frequentemente in Paesi caratterizzati da scarse condizioni igienico sanitarie, secondo diverse modalità:
- Le feci contaminano i campi su cui sono coltivati i vegetali che, se non accuratamente lavati, possono essere fonti di contagio;
- L’acqua può essere essa stessa fonte di contagio, quindi è preferibile cuocere gli alimenti;
- Talvolta sulle mani di coloro che preparano il cibo possono rimanere dei residui fecali; il patogeno si trasmette dalle mani al cibo e, quindi, all’uomo.
In generale, le fonti principali di contagio sono acqua non potabile e cibo contaminati da feci o scarichi fognari (in particolare crostacei o molluschi crudi).
I sintomi sono estremamente aspecifici e comprendono febbre che può raggiungere anche i 40 gradi, debolezza, dolori muscolari, sudorazione profusa, diarrea/stipsi, eventuali eruzioni cutanee simili a roseole sul tronco e perdita di appetito.
I batteri sono eliminati dagli individui infetti attraverso le urine e le feci: la maggior parte delle persone è contagiosa fino alla fine della prima settimana di convalescenza, ma il 10% degli individui non curati disperde i batteri fino a tre mesi dopo la guarigione.
La diagnosi si esegue mediante esame microbiologico-colturale di feci, sangue e/o urina.
La terapia è antibiotica ed ha una durata di circa 7-14 giorni, a seconda della prescrizione medica. Nei casi di persistenza della sintomatologia nonostante la terapia, è opportuno eseguire un antibiogramma e valutare un’alternativa all’antibiotico somministrato.
Il vaccino garantisce protezione dopo circa 10 giorni dalla somministrazione.
Esistono due formulazioni in commercio:
- Via intramuscolare (costituito da un componente della capsula del batterio) che può essere somministrato dall’età di 2 anni e protegge per circa 3 anni;
- Orale vivo attenuato (attualmente in esaurimento), costituito da 3 capsule (1 capsula da assumere a giorni alterni, 1°, 3° e 5°giorno), somministrabile agli adulti e ai bambini dopo i 5 anni, che protegge almeno per 3 anni.
Per coloro che affrontano un viaggio in zone a rischio è fondamentare l’utilizzo di buone pratiche come:
- Bere solo acqua e bevande in bottiglie o in lattine sigillate. Evitare il ghiaccio, usare l'acqua in bottiglia per lavare i denti e cercare di non ingoiare acqua sotto la doccia;
- Evitare cibi crudi. Non mangiare verdura cruda né frutta con la buccia;
- Scegliere cibi cucinati e caldi, evitare il cibo conservato o servito a temperatura ambiente;
- Lavare le mani con acqua calda e sapone in particolare prima di mangiare, di preparare il cibo e dopo aver usato il bagno. Portare con sé un disinfettante per le mani a base di alcol quando l'acqua e il sapone non sono disponibili.
Alla comparsa di sintomi compatibili con infezione da salmonella è opportuno prendere contatto immediatamente con il rappresentante della compagnia di viaggi con cui si è prenotato, con l’assicuratore di viaggio (previa verifica della copertura assicurativa sanitaria), con Consolato italiano, ospedali e servizi di emergenza locali.