Le varianti di SARS-CoV-2
Data pubblicazione: 02/08/2021 - Ultimo aggiornamento: 28/05/2022
Categoria: News - Autore: Staff Ambimed
Il SARS-CoV-2, così come altri virus soprattutto a RNA, evolve continuamente attraverso le mutazioni del genoma (RNA) che si verificano durante la fase di replicazione del virus, fenomeno non eccezionale. Nello specifico infatti fin dall’inizio della pandemia sono state osservate delle mutazioni per il SARS-CoV-2. Non sempre però una mutazione crea un cambiamento significativo per il virus, mentre a volte può succedere che conferiscano delle caratteristiche di vantaggio, come una maggiore trasmissibilità, gravità o addirittura la capacità di superare l’immunità acquisita. In questi casi la nuova variante necessita di un monitoraggio attento ed accurato.
Per definire se un’infezione è causata da una variante o meno, è necessario eseguire un test altamente specialistico chiamato “sequenziamento”, con cui si definisce il genoma virale. La valutazione e il monitoraggio delle varianti viene effettuata dai laboratori specializzati regionali attraverso il sequenziamento di un numero di campioni significativi in grado di fornire una ‘fotografia’ della prevalenza e della distribuzione delle varianti. Inoltre, si tende a sequenziare anche campioni di categorie “particolari”, come ad esempio persone che si sono infettate più di una volta, o chi risulta positivo dopo la vaccinazione.
Quali sono le varianti di preoccupazione?
L’ECDC – Europen Centre for Disease Control and Prevention – ha definito “mutazioni di preoccupazione” quattro varianti.
- La ‘variante inglese’ o ‘Alpha’ (B.1.1.7), isolata nel settembre 2020 in Gran Bretagna, mentre in Europa il primo caso è stato rilevato a novembre.
- La ‘variante sudafricana’ o ‘Beta’ (B.1.351) determinata nell’ottobre 2020 in Sud Africa, mentre in Europa a fine dicembre 2020.
- La ‘variante brasiliana’ o ‘Gamma’ (P.1) è stata isolata a gennaio 2021 in Brasile e Giappone.
- La variante ‘indiana’ o ‘Delta’ (B.1.617.2), isolata a dicembre 2020 in India.
In tutte queste varianti, la mutazione è presente sulla famosa proteina “spike”, il “gancetto” tramite il quale il virus è in grado di attaccare la cellula.
Tutte queste varianti hanno dimostrato essere maggiormente trasmissibili. I primi studi affermano che il ciclo completo dei quattro vaccini già approvati da AIFA (pfizer, moderna, astrazeneca e Janssen) rimane protettivo nei confronti di tutte le varianti di preoccupazione. Diminuisce invece l’efficacia dopo solo la prima dose.
Qual è la situazione in Italia?
L’ultima indagine, al 22 giugno 2021, ha dimostrato che la variante alfa (variante inglese - B.1.1.7) è la più diffusa in Italia, prevalente per il 57,8%, sebbene con un trend in diminuzione rispetto alle altre varianti.
La diffusione delle varianti kappa e delta è aumentata dal 5,2% a maggio al 27,7% nel a giugno 2021, di cui la quasi totalità attribuibili alla variante delta.
In Italia, come in altri paesi in Europa caratterizzati da una alta copertura vaccinale, stiamo assistendo ad un aumento generale dei casi delta, con una prevalenza su tutto il territorio nazionale del 22,7% e registrata in ben 16 Regioni.
Rimane fondamentale mantenere un monitoraggio approfondito delle mutazioni circolanti di SARS-CoV-2.