La vaccinazione contro l'epatite A solo per chi parte per un viaggio?

Data pubblicazione: 05/12/2022
Categoria: News - Autore: Dott.ssa Eleonora Ricci

La vaccinazione contro l

L’epatite A è, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), la principale causa di epatite acuta nei paesi industrializzati. Il responsabile è il virus HAV, facente parte della famiglia dei Picornavirus, in grado di causare infiammazione epatica sintomatica stimata a 1,5 milioni di casi nel mondo con significative variazioni regionali.

L’andamento clinico dei segni e sintomi è variabile in base all’età e allo stato di salute del soggetto colpito. La malattia sistemica, a trasmissione prevalentemente oro-fecale, comporta febbre, nausea, malessere generale, anoressia, vomito e diarrea. I bambini di età inferiore a 6 anni sono nella maggior parte dei casi asintomatici mentre il resto della popolazione presenta malattia a carattere risolutivo nel 99% dei casi; una percentuale inferiore dei casi riguarda pazienti anziani, immunocompromessi o con sottostante patologia epatica che manifestano insufficienza epatica ed epatite fulminante potenzialmente mortale.

I metodi di trasmissione sono legati all’ingestione del virus, presente nel sangue e nelle feci del malato, che può essere infettivo anche fino a sei mesi dopo la fine della manifestazione, come nel caso di bambini e neonati. Spesso l’HAV si trasmette con il contatto diretto con il malato, per trasmissione oro-fecale, rapporti sessuali o tra tossicodipendenti e senza tetto. Inoltre, il virus dell’epatite resiste per lungo tempo nell’ambiente e alle basse temperature, motivo per il quale il contagio può avvenire anche con ingestione di cibi congelati o crudi come frutti di mare, frutta e verdura.

Nonostante l’incidenza della malattia sia strettamente correlata agli indicatori socioeconomici e all’ambiente igienico sanitario, si possono riconoscere delle popolazioni ad elevato rischio. I viaggiatori, verso paesi endemici sono sicuramente i più esposti, ad essi si aggiungono chi pratica rapporti omosessuali maschili, tossicodipendenti, senza tetto e lavoratori con rischio professionale, come i lavoratori dell’assistenza a migranti, rifugiati e carcerati.

Sotto il profilo epidemiologico si riconoscono delle zone ad elevata endemia quali, Europa dell’est, America Centrale, Africa e Sud est Asiatico; solo in quest’ultima si sono registrati 42 milioni di casi e il 60% delle morti totali per epatite A.

La situazione nel nostro Paese, sebbene esso non figuri tra i paesi ad elevata endemia, è da tenere sotto controllo. Dall’ agosto del 2016 a febbraio del 2017 il SEIEVA (Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute) ha notificato 583 casi di HAV, l’85% dei quali riconducibili al sesso maschile per trasmissione sessuale. I dati aggiornati al 2021 evidenziano un trend in calo: dei 126 casi segnalati la quasi totalità proviene da regioni del Centro Nord ed interessa la fascia over 65. Cambia invece la modalità di contagio, l’ingestione di molluschi e frutti di bosco surgelati diventano i primi fattori di rischio per l’infezione.

Il miglior modo di prevenire l’infezione e quindi la malattia da epatite A è la vaccinazione. Il vaccino è stato introdotto alla fine degli anni 90. Nel corso degli anni ne sono state progettate diverse tipologie e le più usate sono due, uno a virus inattivato e uno a virus attenuato, cioè privo di patogenicità. La vaccinazione con due dosi a distanza di 6-12 mesi fornisce una protezione per più di 10 anni; già la singola dose consente una sieroconversione protettiva (la formazione di anticorpi contro il virus) nel 90% dei casi. In Argentina, la somministrazione di una singola dose di vaccino a bambini di un anno di età ha permesso di azzerare il dato delle morti per epatite fulminante e successivo trapianto di fegato. La sua efficacia viene ulteriormente confermata da diversi studi cinesi che hanno dimostrato una riduzione dell'incidenza dal 84% al 50% in tutte le fasce di età.

La sfida che oggi i diversi governi si pongono è quella di riuscire a prevenire ed evitare epidemie di una malattia che erroneamente viene considerata come una malattia asintomatica dell’infanzia. 

Il raggiungimento dell’obiettivo potrebbe avvenire con l’applicazione di una strategia vaccinale che preveda la vaccinazione dei bambini piccoli. Questi, infatti, sono spesso asintomatici ed eliminano il virus attraverso le feci, restando contagiosi per diversi giorni. Tutte le campagne di vaccinazione rivolte a questa fascia di età hanno riportato risultati efficaci anche sulla popolazione adulta. In Israele nell’arco di due anni si è abbattuto il tasso di trasmissione di epatite A sia nei bambini che negli adulti vaccinando tutti i soggetti tra i 18 e i 24 mesi. Per lo stesso motivo dal 2006 la vaccinazione contro HAV è fortemente raccomandata per tutti i bambini e gli adolescenti americani.

Tra i paesi europei, a pagare il prezzo più alto sono i paesi con maggiore varietà multiculturale; bambini figli di immigrati, da una o più generazioni, sono a rischio di contrarre epatite contagiati dai parenti di ritorno dal Paese natio. Negli anni le politiche sanitarie olandesi e svizzere hanno deciso di fornire la vaccinazione gratuita ai figli degli immigrati al fine di prevenire possibili epidemie nel nostro continente.

Un modello universale di priorità vaccinale è difficile da stabilire perché fortemente correlato alla variabilità epidemiologica e al concetto di costo-beneficio. Il vaccino contro HAV è costoso e non tutti ne hanno accesso in ugual misura: alcuni paesi hanno deciso di effettuare una vaccinazione basata sul criterio del rischio dell’esposizione o a carattere regionale, nonostante diversi studi confermano che solo la vaccinazione indistinta abbia portato a risultati soddisfacenti. A questo vanno aggiunte politiche volte a rafforzare la coscienza igienico sanitaria sulla sanificazione delle acque potabili, l’igiene delle mani e la manipolazione degli alimenti al fine del controllo delle epidemie. La scelta di seguire il modello della vaccinazione di massa o di popolazioni target va presa tenendo in considerazione i tassi di incidenza di ospedalizzazione, valutando nello specifico morbilità e mortalità per epatite fulminante, modulando il tutto con scelte politico sanitarie di costo-efficacia.

Risulta comunque chiaro come soggetti considerati fragili per patologia, come pazienti affetti da HIV ed epatite cronica debbano avere priorità di vaccinazione. A questi si aggiungono i viaggiatori che si spostano da un’aria a bassa endemia verso aree ad elevata endemia, comprese le donne in gravidanza.

Fonti:

WHO, CDC, Epicentro, ScienceDirect

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