La rabbia: la tipica zoonosi
Data pubblicazione: 27/02/2023
Categoria: News - Autore: Margherita Pernich
Generalità
La rabbia è una zoonosi, ovvero una malattia che si trasmette direttamente tra gli animali e l'uomo ed è probabilmente la patologia più antica di cui si ha notizia.
È una malattia infettiva causata da un virus appartenente alla famiglia dei Rabdovirus, genere Lyssavirus. Questo patogeno provoca un’encefalite acuta letale se non trattata adeguatamente subito dopo l’esposizione al virus.
Solo un numero molto ridotto di persone è guarito dalla rabbia, ma nella maggior parte dei casi hanno riportato gravi sequele, con un impatto terribile e duraturo sulle loro vite.
L’Organizzazione mondiale di sanità animale l’ha classificata tra le "malattie trasmissibili considerate di importanza socio-economica e/o di sanità pubblica all'interno degli stati e che sono significative nel commercio internazionale di animali e di prodotti di origine animale".
Trasmissione
Il cane e la volpe rossa (Vulpes vulpes) sono attualmente i principali reservoir.
L’uomo può infettarsi attraverso il contatto con la saliva dell’animale infetto tramite morsi, ferite e graffi, ma rappresenta un ospite a fondo cieco; quindi, non è in grado a sua volta di perpetuare l’infezione in uomini o animali.
Esistono sporadici casi collegati ad altre vie di trasmissione, quali trapianto d’organo o trasmissione aerea, ma sono limitate a situazioni molto particolari.
La malattia ha un periodo d’incubazione che può variare da alcuni giorni ad anni. Mediamente, però, la sintomatologia si manifesta in un intervallo di tempo che va da 3 a 8 settimane, a seconda della carica virale al momento dell’infezione, della localizzazione e della severità della lesione cutanea.
Dopo l’infezione il virus inizia a moltiplicarsi a livello del tessuto muscolare e solo in un secondo momento raggiunge i nervi periferici; da qui, con diffusione centrifuga, arriva al sistema nervoso centrale, risalendo attraverso i nervi motori, senza intaccare le terminazioni sensoriali o simpatiche.
Sintomi
Clinicamente questa patologia si presenta in due forme: rabbia furiosa (circa il 75% dei casi) e rabbia paralitica (circa il 25% dei casi).
I sintomi generali di infezione includono febbre, dolore e parestesia a livello della ferita. La rabbia furiosa provoca inoltre segni di iperattività talora a carattere furioso, allucinazioni, comportamento eccitabile, perdita del senso dell’orientamento, vagabondaggio, idrofobia (paura dell'acqua) e talvolta aerofobia (paura delle correnti d'aria o dell'aria fresca). La morte sopraggiunge dopo pochi giorni per arresto cardio-respiratorio. La rabbia paralitica provoca una paralisi progressiva a partire dalla sede del morso o del graffio, in seguito si sviluppa il coma e alla fine sopraggiunge la morte, con una progressione piu lenta rispetto alla rabbia furiosa.
Diagnosi
La diagnosi clinica di encefalite può essere difficile e, quando possibile, è necessario ricorrere a metodi di laboratorio per la conferma. Nell'ultimo decennio sono stati compiuti progressi significativi nell’utilizzo di questi metodi, compresa la conferma dei casi clinici mediante il riscontro di antigeni nella saliva o nel liquido cefalorachidiano. Ogni Paese dovrebbe disporre di un laboratorio nazionale di riferimento in grado di effettuare la diagnosi di rabbia con le tecniche attualmente raccomandate.
La sensibilità della tecnica di diagnosi varia notevolmente in base allo stadio della malattia, allo stato immunologico del paziente e alla formazione del personale tecnico. Mentre un risultato positivo e convalidato è indicativo di rabbia, un risultato negativo non esclude necessariamente l'infezione.
Trattamento
La profilassi pre-esposizione (PrEP) è raccomandata per le persone che sono ad alto rischio a causa della loro occupazione, dei viaggi o della residenza in un ambiente endemico con accesso limitato a una profilassi post-esposizione (PEP) tempestiva e adeguata. La PrEP viene effettuata tramite vaccinazione.
In caso di esposizione alla rabbia è importante effettuare la PEP. Essa consiste nel lavare la ferita o il punto di contatto con acqua e sapone e successivamente, se disponibile, applicare alla ferita un preparato topico virucida. Infine, a seconda dei casi, si effettua la somministrazione del vaccino o di immunoglobuline antirabbiche. Una adeguata PEP è efficace nella prevenzione della rabbia, anche dopo un'esposizione ad alto rischio.
I fallimenti della PEP, cioè quando un paziente muore nonostante abbia ricevuto il protocollo corretto in modo tempestivo, sono estremamente rari, si sono verificati tutti in Paesi in via di sviluppo e hanno comportato una o più deviazioni dal protocollo di profilassi raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Attualmente sono disponibili diversi vaccini:
- I vaccini da coltura cellulare: questi vaccini inattivati comprendono quelli derivati da embrioni di pollo o di anatra, quelli sviluppati da cellule Vero e da cellule diploidi umane;
- Altri vaccini sono quelli creati da tessuto nervoso, ma sono sconsigliati dall'OMS perché inducono gravi reazioni avverse e sono meno immunogenici degli altri vaccini.
Si presume che l’immunità data da questi vaccini perduri per tutta la vita.
Prevenzione animali
Fondamentale per la prevenzione nei confronti della rabbia è la vaccinazione preventiva degli animali domestici, la lotta al randagismo e altri provvedimenti finalizzati ad impedire contatti a rischio con le popolazioni selvatiche. Tutti i cani e i gatti domestici e anche gli animali condotti al pascolo o che si spostano nei territori a rischio, devono essere sottoposti a vaccinazione.
Oltre agli interventi di prevenzione destinati agli animali domestici, è indispensabile, nelle aree infette e nelle aree a rischio, predisporre e realizzare programmi pluriennali di vaccinazione orale delle volpi.
Dati epidemiologici
Si stima che la rabbia causi ogni anno 59.000 decessi umani in oltre 150 Paesi, con il 95% dei casi che si verificano in Africa e in Asia. A causa della mancanza di segnalazioni e di stime incerte, questo numero è probabilmente una grossolana sottostima. I decessi avvengono prevalentemente nelle popolazioni rurali, e circa la metà dei casi riscontrati colpiscono bambini di età inferiore ai 15 anni. Il 99% dei casi di rabbia è dovuto al morso di un cane infetto.
Si distinguono due cicli epidemiologici della rabbia: uno urbano e uno silvestre. In quello urbano, il cane rappresenta il principale serbatoio. Questo ciclo è presente prevalentemente in Africa, Asia e Sud America, dove la presenza di animali randagi è molto elevata.
Il ciclo silvestre, dove la volpe rossa è il reservoir più importante, è predominante in Nord America e in Europa, in particolare in Estonia, Lettonia e Lituania, Russia, Bielorussia, Ucraina e nel sud-est dell’Europa.
Dal 1979 a oggi in Europa sono stati diagnosticati 14 casi di rabbia nel cane, di cui il più recente risale al 2008 in Germania (un cane importato dalla Croazia).
Dal 1997 l’Italia ha ottenuto il riconoscimento di stato indenne da rabbia. Nell’ottobre del 2008, però, la rabbia silvestre è ricomparsa in alcuni comuni del nordest della regione Friuli-Venezia Giulia.
I casi diagnosticati sono da mettere in stretta correlazione con la situazione epidemiologica della rabbia silvestre nelle vicine Slovenia e Croazia.