La prevenzione, unica arma contro la febbre Chikungunya

Data pubblicazione: 31/07/2023
Categoria: News - Autore: Andrea Rossanese

La prevenzione, unica arma contro la febbre Chikungunya

Nell’entroterra romagnolo, ad appena una decina di chilometri da quella costa adriatica resa famosa da località balneari come Milano Marittima, si trova un agglomerato urbano diviso in due dal fiume Savio. La porzione di paese che si estende sulla riva sinistra del fiume prende il nome di Castiglione di Ravenna, quella sulla destra, invece, di Castiglione di Cervia. I due centri, uniti da due ponti, condividono scuole e parrocchia, ma sono amministrati da due comuni diversi, quelli che compaiono nel nome di ciascuna località.

In questo scenario, di per sé stesso un po’ bizzarro, caratterizzato da pianura a vista d’occhio, caldo afoso e zanzare, nel 2007 si verifica un evento piuttosto strano: in piena estate, nell’arco di alcune settimane, tra luglio ed agosto, alcune centinaia di persone si presentano dai propri medici o all’ospedale lamentando la comparsa di febbre, mal di testa, a volte un’eruzione cutanea (che ricorda quasi un eritema solare) e spesso dolori alle articolazioni.

Se lo stesso fatto si fosse verificato nel tardo autunno o in inverno, avremmo fatto tutti poca fatica a pensare che si trattasse dell’influenza stagionale, ma nel cuor dell’estate, si sa, il virus dell’influenza non circola.

Un gruppo di lavoro guidato dai colleghi dell’Istituto Superiore di Sanità riuscì a stabilire che si trattava della prima epidemia italiana di Chikungunya. Solo alcuni addetti ai lavori avevano già letto o sentito questo nome, sulle prime difficilmente pronunciabile: si tratta di un virus, trasmesso dalla puntura di alcune zanzare, che in quel periodo aveva causato epidemie in molte isole dell’Oceano Indiano (ma non solo) e che, con ogni probabilità, era arrivato in Italia con un viaggiatore rientrato da un soggiorno in India. Una volta giunto in Romagna aveva trovato una nuova popolazione di zanzare, arrivata poco tempo prima dagli Stati Uniti d’America con le navi che trasportavano copertoni: si trattava di Aedes albopictus, come la chiamano gli entomologi, ma noi avremmo imparato a conoscerla molto bene con il nome di “zanzara tigre”.

Chikungunya è una parola della lingua makonde (un dialetto parlato dalle tribù che vivono tra il sud della Tanzania ed il nord del Mozambico) che significa “colui che cammina storto”, proprio a voler indicare la caratteristica principale dell’infezione, cioè le artralgie che determinano alterazioni della postura e della marcia degli individui colpiti. Il virus non è praticamente mai letale per l’essere umano, ma può lasciare strascichi importanti in termini di disabilità, magari temporanea, ma spesso anche piuttosto prolungata.

Come per moltissime altre infezioni virali non esiste una specifica terapia per curare l’infezione da virus Chikungunya e, allo stato attuale, non esiste nemmeno un vaccino. Per questo motivo, l’unica modalità preventiva nei confronti della malattia rimane l’applicazione delle misure di protezione personale, al fine di ridurre al massimo le punture delle zanzare.

Sotto questo punto di vista le raccomandazioni tendono a ripetersi con quanto si può dire riguardo ad altre malattie trasmesse da insetti pungitori, con l’unica accortezza, da tener presente, che la zanzara tigre è un insetto che predilige pungere di giorno, ma non disdegna di farlo nemmeno di notte e, quindi, la protezione deve comprendere l’intero arco delle 24 ore.

Innanzitutto, è fondamentale proteggersi con l’uso di zanzariere, barriere meccaniche che impediscono alla zanzara di raggiungere la pelle: questa osservazione ci fa già comprendere che le zanzariere, per funzionare, non devono essere sdrucite e le maglie devono essere sufficientemente piccole da non lasciar passare le zanzare.

Poiché, però, non è pensabile trascorrere le giornate intere sotto la protezione di una zanzariera, è indispensabile affiancare all’uso di quella anche l’applicazione di prodotti repellenti, cioè basati su sostanze chimiche in grado di respingere l’attacco degli insetti pungitori. Il composto chimico più studiato ed utilizzato al mondo è il DEET (da non confondere assolutamente con il vecchio DDT) che va applicato sulla cute non coperta e protetta da abiti, evitando bocca ed occhi (questo è il motivo principale per cui ai bambini il repellente lo devono applicare gli adulti). Altri composti chimici utili sono la picaridina ed il para-mentan-diolo, la cui efficacia è solo di poco inferiore a quella del DEET. La regola che vale per tutti questi prodotti è che devono essere utilizzati in formulazioni la cui concentrazione sia efficace: questo significa che bisogna abituarsi a leggere con un po’ di attenzione l’etichetta del prodotto e verificare che la concentrazione del principio attivo (es il DEET) sia per i bambini compresa tra il 20 ed il 30% e per gli adulti si attesti attorno al 50%. Più bassa è la concentrazione, più velocemente volatilizza il repellente e, quindi, più spesso lo si dovrà riapplicare. Va da sé che, se fa molto caldo e si suda parecchio o se si fa il bagno o se tira vento, l’effetto repulsivo si esaurisce più rapidamente e quindi si dovrà ripetere l’applicazione più di frequente.

Nell’estate del 2017, esattamente dieci anni dopo, sul litorale tirrenico nei pressi di Anzio e in un piccolo lembo di terra attorno a Guardavalle Marina, in Calabria, nell’arco di poche settimane, tra luglio ed agosto, alcune centinaia di persone si rivolgono ai propri medici o agli ospedali zonali lamentando febbre, mal di testa, a volte un’eruzione cutanea che ricorda un eritema solare, assai più spesso dolori alle articolazioni che limitano molto i movimenti.

Ci vollero quasi due mesi per capire che si trattava della seconda epidemia di Chikungunya e questo dimostra che, talvolta, accade che la storia non riesca a svolgere pienamente il suo ruolo di maestra di vita.


 

Fonti:

WHO. Chikungunya Fact Sheet

CDC. Staples JE, Hills S and Powers A. Chikungunya. In: Yellow Book 2024. Health Information for International Travel

Rezza G. Chikungunya is back in Italy: 2007–2017. J Travel Med, 2018;25: tay004

Trovi questo articolo interessante? Condividilo sui social