Storia della Medicina del Lavoro

Data pubblicazione: 01/09/2022
Categoria: News - Autore: Dott.ssa Eleonora Ricci

Storia della Medicina del Lavoro

La medicina del lavoro è quella branca della medicina che, come sancito dalla commissione congiunta dell’ ILO e dalla WHO nel 1955, ha come scopo prioritario la promozione e il mantenimento del benessere fisico e psichico dei lavoratori in tutte le loro attività, la prevenzione delle alterazioni della salute provocate dalle condizioni di lavoro con attenzione alla collocazione e mantenimento dei lavoratori in un ambiente di lavoro idoneo alle capacità fisiologiche e psicologiche.

Nell’intento di voler ripercorrere le tappe dell’evoluzione della medicina del lavoro, con parziale riferimento a cenni storici, si nota come il concetto di salute in ambito lavorativo abbia subito delle modifiche nel tempo. Si è passati da una mera osservazione circa le gravi infermità che comparivano negli addetti al lavoro manuale, viste come demerito per la categoria, fino alla prevenzione di esse, in primis per fine utilitaristico e poi per promozione della salute e igiene del lavoro.

”Quando costruirai una casa nuova, farai un parapetto intorno alla tua terrazza, per non attirare sulla tua casa la vendetta del sangue, qualora uno cada di là”, recita il versetto otto della Bibbia, ad indicare come già nel IV secolo a.C. C’era una prima rudimentale indicazione sul comportamento da adottare quando si lavora.

Ippocrate, padre della medicina, ebbe un approccio quasi attuale della medicina del lavoro, insegnando ai suoi studenti ad indagare sul mestiere dei pazienti, così da cercare una correlazione tra diagnosi e abitudini di vita.

Superando il Medioevo, dove l’approccio alla medicina del lavoro era minimo, si delinea nel XVI secolo l’interesse, da parte di due medici Giorgio Agricola e Paracelso per le malattie professionali. Il primo con il suo trattato “De Re Metallica” approfondì i temi di metallurgia, mineralogia e geologia focalizzandosi su una malattia del polmone che colpiva i minatori, intuitivamente riconducibile alla silicosi, suggerendo come questa poteva essere prevenuta fornendo ai lavoratori delle mascherine di velo da mettere sul volto, come dispositivo di protezione individuale. Paracelso nel “De Morbis Metallicis seu Mineralibus” continuò lo studio sui minatori e aggiunse quello sulle fonderie, soffermandosi sugli avvelenamenti da arsenico, piombo e mercurio.

Nel 1700 con la pubblicazione del "De Morbis Artificum Diatriba", il primo lavoro sulle malattie occupazionali, Bernardo Ramazzini, professore dell’Università di Medicina di Modena e Padova venne considerato il vero padre della Medicina del Lavoro. Il metodo Ramazzini era innovativo poiché anticipò di quasi 300 anni le basi della moderna disciplina del lavoro e dell’igiene industriale. Ramazzini associò ad un singolo mestiere una o più patologie, discutendo di quali potevano essere le cause che andavano rimosse o minimizzate con un vantaggio lavorativo ma soprattutto un dovere sociale. Il suo studio era basato sulla valutazione dei fattori di rischio delle sostanze utilizzate e dai movimenti e posizioni mantenute a lungo dai lavoratori. Questi erano indagati con un metodo sufficientemente standardizzato che prevedeva un approccio clinico, studio della letteratura esistente, strategia terapeutica, valutazione dell’ambiente di lavoro, bonifica e procedure di prevenzione da adottare.

Negli anni della Rivoluzione Industriale, il lavoro passò da artigianale a più ampio spettro trascurando però la tutela dei lavoratori; la richiesta del mercato in costante aumento veniva sopperita con il reclutamento di donne, adolescenti e anche di bambini. Si lavorava senza limiti di età e di riposo in spazi piccoli e sovraffollati. Solo dal 1833 venne regolamentano il lavoro minorile, possibile a partire dai 9 anni e dai 12 per il lavoro notturno, dai 14 anni in su a partire dal 1904.

In Italia, Luigi De Voto contribuì a far diventare la Medicina del Lavoro una branca ufficiale della scienza medica. I suoi studi si concentrarono sulle lavoratrici delle risaie, avvelenamenti da piombo e mercurio, infezioni professionali e TBC degli operatori sanitari, argomenti divulgati nel primo periodico del settore “Il Lavoro”, da esso fondato nel 1901 e ancora oggi in attivo. A lui si deve anche l’organizzazione del primo “Congresso internazionale di Medicina del Lavoro per le malattie professionali” con il fine di sensibilizzare e informare i lavoratori e le aziende riguardo ai rischi delle attività lavorative.

Nello stesso periodo, tra la fine del 800 e primi del 900, emerse la consapevolezza che i rischi derivanti dall’attività lavorativa dovevano avere una garanzia assicurativa-previdenziale, per esigenza sia morale che sociale di fronteggiare, nel modo corretto un rischio specifico come l’infortunio e la malattia professionale.

Il 18 febbraio 1883, in una collaborazione tra il Ministero dell’Industria e i rappresentanti delle principali casse di risparmio e di credito presenti in Italia si arrivò a stipulare una convenzione per l’assicurazione volontaria, che portò alla creazione della “Cassa Nazionale Infortuni” (CNAIL). Questo nucleo originario dell’INAIL venne poi modificato passando da un sistema di previdenza individuale ad uno collettivo attraverso la legge del 1898 e del Testo Unico del 1904.

Dalla prima metà del 900 fino al secondo dopoguerra si delinearono e regolamentarono su base legislativa sempre più le direttive in ambito lavorativo. Nel 1929 nasce la Società italiana di Medicina del Lavoro, si passa dal “medico di fabbrica” ad una figura professionale specialistica e riconosciuta. Si susseguono diverse norme che trattavano la prevenzione degli infortuni sul lavoro (D.P.R. 547/1955) e d’igiene del lavoro (D.P.R. 303/1956) e altri testi legislativi, fino ad arrivare al più importante decreto legislativo D.lgs. 19/09/1994, n. 626.

In accordo con le direttive europee, il 626 sanciva come la singola valutazione del rischio non era più riferita ad un agente specifico, ma si estendeva ad una complessiva analisi aziendale. Definiva gli obblighi per il datore di lavoro e i lavoratori e prevedeva la creazione di nuove figure professionali: il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) e gli addetti, il medico competente e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Quattordici anni dopo il Decreto legislativo 81/08 ha sostituito la legge 626 ed è considerato il Testo Unico sulla Sicurezza. Composto da 306 articoli e 51 allegati, ha riunito e semplificato tutte le normative precedenti in termini di sicurezza sul lavoro, entrando nel merito di ciò che è necessario attuare per seguire le normative di prevenzione di infortuni sul lavoro e tutela della salute fisica e psichica degli ambienti di lavoro. Il testo si rivolge a tutte le aziende con almeno un lavoratore dipendente o soggetto equiparato, fornendo indicazioni, fruibili dal datore di lavoro e dai lavoratori, riguardo la valutazione dei rischi sanitari, primo soccorso e antincendio con focus su prassi e comportamenti da adottare.

FONTI:

Sitografia

www.medicina-lavoro.com

www.wikipedia.org

www.inail.it

www.contributipmi.it

BIBLIOGRAFIA:

“Manuale Medicina del Lavoro 2013” - G. Campurra

Trovi questo articolo interessante? Condividilo sui social