Il diabete: malattia del benessere?

Data pubblicazione: 13/06/2022
Categoria: News - Autore: Dott.ssa Maddalena Maganza

Il diabete: malattia del benessere?

Il diabete mellito (termine che origina dal latino mellitus, letteralmente “dolce come il miele”, tratto che caratterizza le urine dei malati, che presentano alti tassi di glucosio) è una malattia da ricchi. È una malattia che viene facilitata da fattori come l’aumento di peso corporeo, la mancanza di esercizio fisico e l’avanzare dell’età, tutti caratteristici di una popolazione benestante: non è quindi difficile capire da dove provenga questa idea. Ma siamo sicuri che sia ancora vero ai nostri giorni?

Il diabete mellito

Il diabete è una malattia cronica dovuta all’incapacità del corpo di produrre in quantità sufficienti o utilizzare correttamente l’insulina, un ormone che regola l’assorbimento degli zuccheri nel sangue, prodotto dalle cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas.

Il sintomo più comune è l’iperglicemia, ovvero l’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue, da cui consegue una varietà di sintomi che includono poliuria (produzione eccessiva di urina), polidipsia (sete intensa ed eccessiva), fame, perdita di peso, problemi alla vista e affaticamento. Sintomi che possono sfociare anche nella morte (nel 2019 sono stati 1,5 milioni i decessi dovuti a diabete nel mondo), ma anche in insufficienza renale, cecità e ulcere e infezioni agli arti inferiori che possono portare all’amputazione.

Al momento distinguiamo tre tipologie principali della malattia. Il diabete di tipo 1 è la forma più intensa, ma anche più rara. È causata da una produzione insufficiente di insulina, anche se non sappiamo cosa scateni la malattia o come prevenirla. Il diabete di tipo 2 è la forma più comune, che costituisce il 95% dei casi totali, e deriva da un utilizzo inadatto di insulina da parte dell’organismo, scatenato generalmente da peso corporeo eccessivo e mancanza di attività fisica. I sintomi sono più lievi rispetto al tipo 1, fatto che porta spesso a diagnosi anche anni dopo l’inizio della malattia. Storicamente è stato osservato solo negli adulti, ma negli ultimi anni sono in crescita i casi nell’infanzia. L’ultima forma, il diabete gestazionale, si manifesta durante la gravidanza con livelli di glucosio nel sangue superiori alla norma ma comunque inferiori a quelli degli altri tipi di diabete. Tipicamente si risolve spontaneamente, ma provoca sia nella donna sia nel bambino un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2.

Un nuovo bacino di vittime

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dipinge uno scenario preoccupante, di una malattia la cui diffusione è in continua crescita, con un numero di casi globali che è passato dai 108 milioni del 1980 ai 422 milioni del 2014. Siamo andati dal 4,7 all’8,5% di tutta la popolazione adulta mondiale: la malattia affligge una persona ogni dodici. Secondo l’International Diabetes Federation, nel 2040 sarà una su dieci.

La distribuzione dei casi non è però uniforme: la crescita maggiore si è vista non nei Paesi ad alto reddito, dove la prevalenza è passata da poco più del 5% a circa il 7%, ma in quelli a reddito basso e medio, che per la prima volta hanno superato i più ricchi nelle percentuali di incidenza della malattia.

Differenze si presentano anche sul fronte geografico, con la regione del Mediterraneo orientale che ha presentato un salto in avanti rispetto al resto del mondo, con un tasso di incidenza di oltre 13%, che la mette in cima alla classifica con uno scarto di oltre 5 punti percentuali rispetto alla media.

E le cause? Probabilmente un fattore fondamentale sono i fenomeni di rapida urbanizzazione che sono in corso in questi Paesi. Persone che lavoravano nei campi, con sforzi fisici intensi, avevano una dieta prevalentemente a base di frutta e verdura e si muovevano perlopiù a piedi o in bicicletta vivono ora in città dove il lavoro, i mezzi di trasporto e la dieta sono radicalmente differenti. Un altro fattore è senza dubbio la povertà, che rende molto più difficile reperire cibi sani.

A peggiorare la situazione è anche il costo della gestione del diabete, che supera a livello globale gli 800 miliardi di dollari annui, con una spesa che, secondo le stime dell’International Diabetes Federation, è triplicata dal 2003 al 2013. Questi costi ricadono già ora principalmente sui Paesi più poveri, colpiti dalle spese per la gestione dei ricoverati e dell’acquisto di farmaci estremamente costosi, che costituiscono la maggior parte delle spese.

La malattia del benessere?

Tornando alla domanda iniziale, quindi, abbiamo visto che il diabete non è più una “malattia del benessere.” Colpisce di più le comunità meno abbienti, con un tasso di incidenza che cresce e continuerà a crescere più rapidamente rispetto alle regioni ricche del mondo. Si tratta di Paesi che hanno capacità minori di assorbirne l’impatto, garantendo alla popolazione i trattamenti necessari.

È per questo che è di assoluta importanza uno sforzo globale, che vada oltre i confini nazionali, per limitare o invertire l’andamento della curva. Sono necessari sforzi di prevenzione per facilitare l’accesso a stili di vita più sani (che spesso sono privilegio dei benestanti), ma anche mettere a disposizione mezzi per anticipare la diagnosi, così come ridurre i prezzi dell’insulina e rafforzarne la produzione, se vogliamo raggiungere l’obiettivo che molti Paesi si sono posti: ridurre di un terzo i casi entro il 2030.

Fonte

OMS

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