Encefalite da zecche: serve il vaccino in Italia?
Data pubblicazione: 27/03/2023
Categoria: News - Autore: Andrea Rossanese
Da qualche anno a questa parte, probabilmente anche a causa dell’innalzamento delle temperature medie, le zecche tendono a comparire sempre con qualche settimana di anticipo sull’atteso, già da fine marzo o dai primi di aprile, e poi ci fanno compagnia fino ad autunno inoltrato (non è raro arrivare a trovarne fino a fine novembre). Solitamente questi aracnidi vengono associati agli ungulati che popolano i boschi (daini, caprioli, cervi e così via) ma, in realtà, il vero e più importante serbatoio è costituito dai piccoli roditori. L’habitat preferito delle zecche è rappresentato dal sottobosco, dove si raggiungono le temperature ed il grado di umidità perfetti per il loro ciclo vitale. Esse hanno bisogno di un pasto di sangue sia per maturare da uno stadio al successivo (da larva a ninfa e da ninfa ad adulto), sia per portare a maturazione le uova prima della deposizione. L’uomo rappresenta solo una delle possibili fonti di approvvigionamento del sangue: le zecche, infatti, che sono sprovviste di occhi, scelgono il loro ospite percependone la presenza attraverso l’anidride carbonica emessa e le vibrazioni trasmesse dal terreno. Nel caso dell’essere umano solitamente si lasciano cadere dall’apice di uno stelo d’erba su un piede o una gamba e da qui, una volta trovato il modo di raggiungere la pelle, scelgono il posto migliore per attaccarsi in base, ancora una volta, alle condizioni di temperatura e umidità (spesso a livello delle pieghe cutanee).
Nell’essere umano il morso della zecca interessa non tanto perché arreca fastidio (in realtà è del tutto indolore), quanto per le possibili infezioni di cui l’artropode possa essere vettore. Tra le altre, sono particolarmente diffuse nel nostro paese la borreliosi di Lyme (causata da un batterio annidato nello stomaco della zecca e curabile con antibiotici) e l’encefalite da morso di zecca o TBE (causata da un virus che vive nelle sue ghiandole salivari per la quale non esiste cura specifica). In Italia le regioni maggiormente interessate dalla diffusione della TBE sono Friuli-Venezia Giulia (soprattutto in Carnia), Trentino-Alto Adige (specialmente in provincia autonoma di Trento) e Veneto, in primis le province di Belluno e Vicenza. Da molti anni proprio quest’ultima regione ha predisposto un piano di sorveglianza regionale delle arbovirosi esteso anche al monitoraggio dell’encefalite da zecche, che copre l’intera stagione di attività di questi vettori. Secondo l’ultimo bollettino (28 ottobre 2022) quest’anno in Veneto si sono registrati finora 51 casi di TBE, 21 di semplice infezione e 30 con la complicanza dell’invasione del sistema nervoso ed il conseguente quadro clinico di encefalite.
Come accade per molte altre malattie virali, circa i 2/3 delle infezioni da virus TBE decorrono con pochi sintomi. Quando ci sono, per lo più assomigliano a quelli di un’influenza con febbre, mal di testa, dolori ai muscoli e alle articolazioni. Solo in una minoranza dei casi si assiste al più grave quadro neurologico che, se da un lato è responsabile della morte del paziente solo in misura dell’1-2%, dall’altro è la causa di importanti sequele neurologiche a lungo termine, tanto più frequenti e tanto più gravi quanto maggiore è l’età della persona infettata.
La prevenzione di tutte le malattie veicolate dalle zecche risiede innanzitutto nell’evitarne il morso. Fortunatamente, la ricerca scientifica ci ha messo a disposizione, per la prevenzione della TBE, anche un vaccino molto efficace. Esso va senza dubbio raccomandato a tutti coloro che vivono in aree infestate da zecche, ma anche a coloro che, a vario titolo, frequentano tali zone, dagli scout ai camminatori, dai boscaioli alle guardie forestali, dai raccoglitori di funghi o frutti di bosco ai campeggiatori o appassionati di pic-nic. Il ciclo base della vaccinazione anti-TBE consiste di tre dosi, la seconda da 1 a 3 mesi dalla prima e la terza da 5 a 12 mesi dalla seconda. Poi, anche sulla base dell’esposizione al rischio di essere morsi, si programmano gli eventuali successivi richiami.
I rischi dovuti alla malattia sono, come già detto, la morte nell’1-2% dei casi e l’encefalite (con le sue possibili, drammatiche conseguenze) nel 10-20% di tutti i casi con sintomi. Dall’altra parte, il vaccino ha come possibili effetti indesiderati il dolore transitorio nel sito dell’iniezione (circa 10%), mal di testa, male ai muscoli o malessere generale (circa 1%) o, assai raramente, reazioni allergiche.
Sorge allora spontanea la domanda: ha senso rischiare la malattia quando si ha a disposizione un vaccino sicuro ed efficace? La risposta è altrettanto immediata: certamente no, perché la malattia può determinare complicanze anche molto gravi e perché negli ultimi anni i casi sono in continuo aumento nel nostro Paese.
Fonti:
Bollettino Sorveglianza delle Arbovirosi della Regione del Veneto 2022.