Edili: la piaga dei lavoratori in nero ed il rischio per il datore di lavoro
Data pubblicazione: 06/12/2021 - Ultimo aggiornamento: 28/05/2022
Categoria: News - Autore: Lavinia Barone
Il termine lavoro nero si riferisce ad un rapporto di lavoro nel quale il datore di lavoro, persona fisica o giuridica, si avvale di prestazioni professionali di un lavoratore senza riconoscere una copertura previdenziale, di garanzia, e di tutela previste dalla legge, e senza pagare le imposte previste dalla legge, in virtù di un'assenza di un contratto di lavoro registrato.
I motivi principali per cui un lavoratore accetta queste condizioni sono molteplici e talvolta sinergici:
- l’impellente necessità di un lavoro indipendentemente dalle garanzie;
- la necessità del medesimo lavoratore di non essere contrattualizzato in quanto percepisce un reddito proveniente da un'altra attività non cumulabile;
- per ridurre la tassazione fiscale su una parte del reddito percepito.
Il lavoro in nero crea un danno non esclusivamente al singolo lavoratore ma anche allo Stato poiché non vengono versati contribuiti INPS e le tasse all’erario con conseguente accreditamento di un assegno pensionistico di importo inferiore rispetto a quello che altresì il lavoratore avrebbe percepito.
Come indicato dall’Ufficio studi CGIA In Italia ci sono oltre 3,3 milioni di occupati in nero che si reca nei campi, nei cantieri edili, nelle fabbriche producendo 78,7 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso.
Purtroppo la pandemia e la conseguente crisi economica ha generato un significativo input al fenomeno del “nero” poiché la disoccupazione ha comportato la perdita di circa 450.000 posti di lavoro.
L’ambito edile è da sempre gravosamente colpito da una larga fetta di nero non dichiarato come dimostrato da diversi episodi: non ultimo la vicenda di Casal Bertone dove recentemente è stato coinvolto il proprietario di un cantiere che aveva assunto 5 lavoratori in nero, di cui 3 sprovvisti di permesso di soggiorno con conseguente sanzione amministrativa pari a circa 15.000 euro.
Il datore coinvolto è tenuto a pagare una sanzione amministrativa pecuniaria:
- 1.500 / 9.000 euro per ciascun lavoratore irregolare (sino a 30 giorni di effettivo lavoro);
- 3.000 / 18.000 euro per ciascun lavoratore irregolare (31- 60 giorni di effettivo lavoro);
- 6.000 / 36.000 euro per ciascun lavoratore irregolare (oltre 60 giorni di effettivo lavoro).
Per le violazioni accertate dal 1° gennaio 2019 ci è stato un incremento delle sanzioni pari al 20% in seguito alle modifiche della Legge di Bilancio 2019 portando così le multe a:
- 1.800 / 10.800 euro (sino a 30 giorni);
- 3.600 / 21.600 euro (31-60 giorni);
- 7.200 / 43.200 euro (oltre i 60 giorni).
Non essendoci una tutela ufficiale, laddove si verifichi un infortunio sul posto di lavoro ed il lavoratore non sia contrattualizzato, esso si trova nella condizione di non poter denunciare l’accaduto o di dichiarare il falso. È di conseguenza di primaria importanza per il lavoratore rivolgersi agli enti preposti per denunciare l’assenza di un contratto regolare:
- l’ispettorato del lavoro territorialmente competente;
- la Guardia di Finanza (o altra pubblica sicurezza);
- i sindacati territoriali.
Fonti:
- Ufficio studi CGIA (confederazione generale italiana degli artigiani)