Dopo pandemia: i rischi per i lavoratori a contatto con il pubblico
Data pubblicazione: 20/12/2021 - Ultimo aggiornamento: 28/05/2022
Categoria: News - Autore: Lavinia Barone
I molteplici rischi cui sono esposti i professionisti a contatto con il pubblico trovano ancor più oggi conferma se consideriamo l’impatto della pandemia da Covid-19.
Tale circostanza ha sconvolto drasticamente la vita di ogni individuo, comportando enormi disagi su più fronti, primo tra tutti la salute dell’uomo.
Oltre al danno prioritario sulla salute degli individui ha come diretta conseguenza generato una profonda crisi economica, un grave disagio sociale, un arresto significativo alle attività produttive. Per ovvie ragioni i professionisti sanitari, medici, infermieri, addetti alle pulizie nelle aziende ospedaliere, e tutti coloro che lavorano nelle aziende sanitarie in prima linea sono stati i più esposti.
Non bisogna però dimenticare una larga fetta di professionisti, che se pur non attivamente coinvolti nel contrastare la diffusione del virus, sono stati esposti, in virtù della loro professione ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione. Tra questi insegnanti, hostess di volo, personale di trasporti pubblici, personale aeroportuale e dei traghetti più in generale, addetti al turismo, personale dei supermercati, cassieri e commessi.
Questo, in virtù di due semplici ragioni:
- è ormai noto che ambiente chiuso, durata e distanza dell’esposizione sono elementi aventi un’azione sinergica nello sviluppo della patologia. L’elemento a maggior tutela è l’utilizzo di corretti dpi in ambiente chiuso, contestualmente ad una ventilazione degli spazi, e una riduzione al minimo della durata dell’esposizione minore di 15 minuti ed in presenza di una distanza almeno superiore a 2 metri;
- è altresì noto, che, sebbene nelle fasi del primo lockdown più serrato diverse attività commerciali abbiano chiuso, diversi esercizi commerciali sono rimasti aperti per garanti approvvigionamento beni di prima necessità e la continuità dei trasporti
Alla luce di queste considerazioni nasce spontanea una domanda: è necessario effettuare la sorveglianza sanitaria anche agli addetti vendita (commessi)?
Lo Smart working ove possibile ha consentito il regolare svolgersi di alcune attività senza penalizzare obbligatoriamente il rendimento. Talune attività come i negozi per la vendita di prodotti e servizi al pubblico però hanno dovuto continuare ad esistere in presenza e troppo spesso vengono dimenticate figure professionali da includere nei programmi di sorveglianza sanitaria perché più esposti.
La sorveglianza sanitaria è un’attività che ha consentito di monitorare eventuali contatti stretti di un positivo, nelle 72 ore precedenti la positività o l’insorgenza dei sintomi, così da tracciare tutti coloro che potenzialmente hanno contratto l’infezione.
Tale gestione è affidata all’azienda ospedaliera per quanto riguarda il tracciamento del personale sanitario, addetti alle pulizie, personale delle cooperative, studenti di medicina e infermieristica, addetti alla mensa.
La gestione dei contatti invece dei professionisti in altri ambiti è stata sicuramente meno efficace per diverse problematiche riscontrate nel tracciamento.
Un ‘ipotesi che vale la pena prendere in considerazione sarebbe quella di stratificare il rischio dei professionisti esposti aldilà dell’ambito sanitario ed una volta tracciato il profilo di rischio valutare una più serrata sorveglianza.
Ci sono altri rischi per questa categoria di lavoratori?
Secondari rispetto al panorama più attuale ma non in ordine di importanza sono tutti i problemi correlati alla salute che coinvolgono la macrocategoria di professionisti a contatto con il pubblico.
Se consideriamo commessi, cassieri, venditori porta a porta, conducenti di mezzi pubblici, addetti alla pubblica amministrazione possiamo valutare diverse condizioni più generali da inquadrare per valutare al meglio il rischio di salute.
Rischio posturale
In prima istanza il rischio posturale, che viene spesso sottovalutato, e che tipicamente coinvolge coloro che per diverse ore sono costretti ad assumere posizioni antalgiche sia da seduti che in piedi.
È infatti evidente come un continuo traumatismo esercitato sulla colonna vertebrale, o una postura a lungo andare scorretta che possa comportare una pressione delle vertebre cervicali (più frequentemente colpite e alla base della cervicalgia) e non in ultimo un difetto posturale che comporti uno scompenso articolare, siano alla base di disturbi cronici dell’individuo associati a danno fisici, psicologici e materiali.
Spesso in diverse aziende private vengono fornite linee guida di aggiornamento sulla corretta postura da assumere, consigliati esercizi quotidiani volti a correggere difetti posturali per soggetti eccessivamente sedentari ed infine corsi di yoga stessi che agiscono con la finalità di aumentare il benessere psico-fisico del professionista e generano un senso di condivisione nel team di lavoratori.
Un altro frequente danno, specialmente nelle donne per concause genetiche che determinano una maggior predisposizione, è rappresentato dalle vene varicose. Un individuo costretto a lungo a stare nella stessa posizione in piedi non scarica adeguatamente il sangue dal circolo venoso profondo al superficiale, con conseguente riduzione del meccanismo di pompa esercitato dalla pianta del piede appoggiata a terra nell’atto della spinta durante il cammino, e di conseguenza limitazione della forza antigravitazionale che consente la risalita del sangue dalle gambe verso il cuore.
Se viene meno si generano due diversi meccanismi:
- lo sfiancamento delle valvole che insieme all’appoggio plantare comportano la risalita di sangue
- il ristagno di sangue che non sale verso l’alto e di conseguenza la genesi di varicosità nelle sedi più vulnerabili
Rischio da videoterminale
In ultimo e ben conosciuto il difetto del videoterminalista, in questo caso accennato brevemente perché più comune ad una categoria di professionisti che usano per un tempo prolungato il terminale.
L’art. 173 del decreto legislativo 81/2008 definisce il videoterminalista come quel lavoratore che fa uso di videoterminali (VDT), ossia di attrezzature munite di schermi alfanumerici e grafici a prescindere dal tipo di visualizzazione utilizzato per un tempo uguale o superiore alle 20 ore/settimana.
Tale condizione è regolamentata da una normativa vigente molto precisa: viene infatti consigliato al videterminalista per evitare danni posturali, psicologici, visivi, di effettuare una pausa rappresentata da 15 minuti ogni due ore di lavoro continuativo.
Conclusioni
In conclusione, indipendentemente che si il rischio sia biologico, posturale, visivo il professionista a contatto con il pubblico ed il professionista più in generale deve essere correttamente e prontamente valutato e monitorato, mettendo in atto meccanismi di controllo e di prevenzione atti a tutelarlo dai molteplici danni cronici quali erronei comportamenti possono esporlo.