Che cosa sono i rischi generici aggravati
Data pubblicazione: 29/09/2022
Categoria: News - Autore: Maria Vittoria Manai
L’art. 2, lettera s, del decreto 81/08 definisce il rischio come la: “probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione” ed esprime una nozione probabilistica, basata sulla la probabilità che si verifichi un evento in grado di causare un danno alle persone. Di solito in ambito del lavoro si conoscono i seguenti rischi:
- Il rischio alto medio o basso per la formazione
Il giudizio di rischio si intende come genericamente associato al ciclo produttivo. Le diverse attività produttive sono considerate a rischio “alto “, “medio” o “basso” in base al proprio codice ATECO. Questa classificazione non si riferisce pertanto con la valutazione di singoli rischi.
- Il rischio alto medio e basso in relazione all’incendio
- La classificazione per gli incidenti rilevanti
Un’altra classificazione del rischio consiste nel valutare l’applicabilità o meno delle norme specifiche per gli incidenti rilevanti. Questo tipo di classificazione si basa su un esame relativo ai prodotti e ai materiali trattati e conservati nell’insediamento produttivo.
- Il rischio non rilevante e rilevante per la salute
- Il livello di azione
In particolare, per gli agenti fisici si fa riferimento al superamento o meno di un certo livello di azione. Si tratta di precisi livelli di rischio misurati in fase di valutazione, il cui superamento o non superamento determinano l’obbligo di adottare determinate misure di prevenzione e protezione obbligatorie, prime tra tutte l’adozione di dispositivi di protezione individuale, la formazione, la sorveglianza sanitaria.
- I TLV (threshold limit value, valore limite di soglia)
Un altro modo di esprimere e quantificare i rischi consiste nel determinare il superamento o meno di limiti di esposizione.
Esiste però un’altra modalità di esporre i rischi nella quale è possibile incorrere, quella tipica dei sistemi di assicurazione. In questo caso i giudizi sono attribuiti alle singole modalità di esposizione che possono assistere nell’individuazione di collegamenti causali tra gli eventi occorsi e le attività lavorative effettuate. Qui si valuta soprattutto il rischio nell’ambito dell’infortunio sul lavoro e quindi l’esame delle varie tipologie di rischi ai fini dell’indennizzabilità degli infortuni da parte dell’assicurazione Inail in cui si distingue tra rischio generico, rischio specifico e rischio generico aggravato che si hanno durante l’occasione di lavoro. Le caratteristiche dell'occasione del lavoro sono oltre la "finalità di lavoro" anche il "rischio"; cioè il lavoro è ciò che permette alla causa lesiva di incontrare l'organismo umano, e il rischio, inteso come rischio specifico, è quello a cui sono soggetti esclusivamente o prevalentemente alcuni individui per ragione del loro lavoro. In tema di occasione di lavoro, vi sono dei principi definiti che hanno due vie:
- nella protezione assicurativa rientrano tutti gli infortuni conseguenti al rischio, anche ambientale, a cui i lavoratori sono esposti a causa dello svolgimento della loro attività produttiva;
- nell’altra via, la protezione assicurativa si arresta di fronte ad infortuni conseguenti ad un rischio estraneo al lavoro o avente con questo un collegamento meramente marginale, quando cioè intervengono fattori od attività del tutto indipendenti dall’ambiente, delle macchine o persone costituenti le condizioni oggettive dell’attività lavorativa.
Dalla base di questi due principi sussistono alcuni dubbi interpretativi principalmente legati al preciso significato da attribuire alla nozione di rischio non tutelato in quanto estraneo all’attività lavorativa. Infatti, mentre vi è un’affermazione univoca sul rischio generico e su quello elettivo, che sono estranei alla copertura assicurativa, questa univocità non è così facilmente applicabile ai singoli casi concreti. Questo vale soprattutto per l’individuazione di quelle situazioni in cui il rischio, pe quanto generico, viene aggravato da ragioni lavorative e si trasforma, perciò, in rischio lavorativo meritevole di tutela.
Rientra nella tutela, infatti, il rischio generico aggravato, inteso come quel rischio che, pur essendo comune a tutti i soggetti, si aggrava per alcune categorie di lavoratori. Su tale definizione vi è un’ampia trattatistica. Si ritiene sufficiente riportare quello che sosteneva il Carnelutti sulla definizione del rischio generico, ossia "..quel rischio che, indipendentemente nella sua esistenza come nella sua quantità dalle condizioni peculiari dell'industria che grava sull'operaio, come su ogni altro uomo nell'identico modo..", mentre lo specifico e generico aggravato è definito come: "..quello che, derivando la sua esistenza o la sua quantità dalle condizioni peculiari dell'industria, grava esclusivamente su coloro che vengono in contatto con l'industria medesima, o su questi in misura maggiore che sugli altri uomini.”
Questa interpretazione porta all’affermazione del principio secondo il quale sono indennizzabili gli infortuni comunque causati dal lavoro, inteso nella sua più ampia accezione; quindi, basta l’esistenza del nesso eziologico tra lavoro e il verificarsi del rischio, e non sono sufficienti né necessari il nesso cronologico o quello topografico.
È dunque generico il rischio che si corre se si deve attraversare la strada. Ma se si attraversa la strada portando degli scatoloni per ragioni di lavoro e questo specifico trasporto impaccia i movimenti, ecco che quel rischio generico è aggravato poiché connesso al lavoro e in questo caso questo sarà ascrivibile ad infortunio sul lavoro.
A partire da questa che è stata la tesi originaria della Suprema Corte, si sono aggiunti ulteriori criteri interpretativi più avanzati e sintetizzati da INAIL nella nota D.C. Prestazioni, Uff. I, n. 2.0.2 dell'8 luglio 1999 secondo cui hanno copertura assicurativa tutti i comportamenti del lavoratore che sono in rapporto finalistico-strumentale con le prestazioni lavorative e la prestazione di lavoro determina l'esposizione a rischi anche attraverso le condizioni dell'ambiente in cui deve essere resa; inoltre, nel rischio tutelato vi sono anche le circostanze «straordinarie e imprevedibili» e dunque il rischio generico si trasforma in rischio generico aggravato dal lavoro, se e in quanto affrontato per esigenze e finalità lavorative, senza necessità di ulteriori fattori specificanti.
In base a questi criteri sono indennizzabili:
- gli infortuni che possono accadere nell'ambiente di lavoro, in seguito per esempio a cadute per le scale, scivolamenti sul pavimento, urti contro suppellettili e infissi ed altri incidenti di tipo analogo, se occorsi nell’attuazione di comportamenti necessitati in relazione alle prestazioni lavorative riconducibili ad esigenze e finalità lavorative e non imputabili a libera scelta del lavoratore;
- gli infortuni, in attualità di lavoro, provocati da fattori climatici (fulmini, frane, valanghe, trombe d'aria ecc.) o idrogeologici (frana, voragine ecc.), a prescindere se il luogo di lavoro si trovi in montagna, in campagna o in città, considerato che, comunque, il lavoratore non ha la possibilità di scelta diversa;
- gli infortuni, in attualità di lavoro, conseguenti a fatti delittuosi di terzi (aggressioni, furti, rapine, ecc.), purché il fatto colpisca il lavoratore nell'esecuzione di una attività resa necessaria dall'espletamento del suo lavoro e non sia riconducibile a ragioni extralavorative.
Dunque, sulla definizione di rischio generico aggravato esistono due linee interpretative. Una tradizionale, secondo cui il rischio generico può essere protetto assicurativamente solo nel caso in cui l’attività porti a un aumento di intensità o di frequenza dei fattori di rischio, con un conseguente aumento delle probabilità che l’infortunio accada. La seconda, che si sta affermando sempre più, sostiene invece che il rischio generico deve essere considerato aggravato dal lavoro, e quindi coperto da assicurazione, se è affrontato necessariamente per finalità lavorative, senza bisogno di ulteriori specifiche.
BIBLIOGRAFIA:
D’Apote Michele Oleotti Alberto, Manuale per l’applicazione del D.lgs. 81/2008, EPC Editore, V edizione settembre 2021