Bagnanti, meduse e i problemi cutanei
Data pubblicazione: 16/09/2021 - Ultimo aggiornamento: 28/05/2022
Categoria: News - Autore: Mauro Berta
Una delle patologie in cui un viaggiatore, in particolare nell’area caraibica, si può imbattere, è la cosiddetta dermatite marina o “dermatite del bagnante”. Viene contratta in seguito all’immersione in mare, colpisce le zone coperte dal costume da bagno con papule che si accompagnano a prurito intenso.
I sintomi si presentano dopo un breve lasso di tempo e persistono per circa 7-14 giorni. È una patologia auto risolutiva senza necessità di una terapia specifica, solo per i sintomi specifici quali il prurito forte vengono impiegati farmaci topici a base di cortisone o antistaminici, si ricorre a farmaci per via orale se quelli topici risultano non sufficienti a placare i sintomi.
Perché sono colpite nello specifico le zone coperte dall’indumento?
La dermatite è provocata da larve di medusa, che rimangono intrappolate all’interno del costume, favorendo l’attivazione delle nematocisti (organi presenti nelle meduse utilizzati come strumenti di difesa) e il rilascio delle loro tossine urticanti.
È necessario effettuare una diagnosi differenziale, per non correre il rischio di confonderla con il cosiddetto “prurito del nuotatore” (swimmer’s itch), che colpisce invece le zone scoperte, a causa delle cercarie (larve) di schistosomi che riescono a penetrare la cute. Inoltre, le lesioni della dermatite del bagnante possono essere, oltre che papulose, papulo-vescicolose, in parte escoriate, e comunque sempre fortemente pruriginose, altro fatto che facilita la differenziazione con lo swimmer’s itch durante un esame obiettivo.
Nel caso dello swimmer’s itch si interviene con Albendazolo, tipico farmaco utilizzato contro gli schistosomi.
Tossicità da meduse
Le meduse sono classificate nel phylum Celenterati e sono note soprattutto per i loro tentacoli urticanti, caratteristica data dalle nematocisti, piccoli organi intracellulari con il compito di contenere e rilasciare le tossine responsabili degli effetti della “puntura”. Queste tossine sono composte da una mescolanza di polipeptidi (proteasi, liberatori di istamina, ialuronidasi e fosfatasi) ma soprattutto sostanze simili alla serotonina.
I bagnanti possono venire a contatto con questi celenterati sia nel Mar Mediterraneo che ai tropici.
Nel Mediterraneo ricordiamo la tossicità a livello cutaneo della Pelagia Noctiluca.
Nelle aree tropicali e subtropicali sono tre le specie note per provocare gravi danni fisici (fino anche la morte): due Cubomeduse e una Idromedusa, le prime sono presenti nel sud est asiatico e in Australia, mentre la seconda è presente lungo le coste della Florida (USA).
In genere le meduse danno reazioni cutanee come lesioni urticanti e lesioni eritemato-vescicolo-bollose nella sede di contatto con i tentacoli, che di solito non lasciano cicatrici. Particolarmente importanti sono la reazione edematosa nell’area circostante e il dolore urente (dolore simile a quello provocato dal fuoco o da corpi arroventati).
In paesi dove il consumo alimentare delle meduse è tipico, per esempio il Giappone, è opportuno ricordare che se, anche occasionalmente consumate nei pasti, possono provocare disturbi a livello gastroenterologico e cutaneo, con una reazione di tipo orticante.
Tra i problemi sistemici che sono stati descritti nei soggetti con ustioni da meduse troviamo:
- crampi muscolari;
- disturbi della vista;
- vertigini;
- nausea e diarrea.
In presenza di una puntura di medusa è opportuno pulire la zona ustionata e, per contrastare l’edema e l’infiammazione, utilizzare un gel di cloruro di alluminio al 5% (utile anche per limitare la reazione pruriginosa e la diffusione delle tossine).
Come azione di primo soccorso, può essere d’aiuto una miscela di acqua e bicarbonato o aceto bianco, per contenere la reazione dolorosa e le tossine. Tra i rimedi fitoterapici ricordiamo Aloe vera.
Per sfatare alcune leggende infondate sul trattamento delle punture di medusa ecco alcuni consigli:
- non grattarsi o strofinare la zona irritata, sia per evitare un peggioramento della lesione, sia perché le mani a contatto con gli occhi e la bocca, possono diffondere le tossine dando reazioni più importanti;
- non applicare ghiaccio;
- non versare urina sulla lesione, spesso pratica consigliata, perché l’ammoniaca presente per essere utile dovrebbe almeno raggiungere almeno i 40° e più in generale, non applicare ammoniaca se non a temperatura elevata;
- non esporsi al sole.
Per lesioni diffuse o disturbi gravi consigliamo di rivolgersi subito ad un medico o recarsi alla struttura di Pronto Soccorso più vicina.