SARS-CoV-2, il Coronavirus che da tre mesi sta gestendo quasi in prima persona tutti gli aspetti e le pieghe della nostra esistenza, sta cominciando a mollare la presa. L’epidemia, almeno per quello che appare dai dati numerici, e forse anche per merito degli interventi basati sull’isolamento e sul distanziamento sociale, comincia a disegnare il classico comportamento statistico di distribuzione a campana dei casi, con tendenza a scendere. Questo è un comportamento che è tipico e sovrapponibile per tutti gli eventi epidemico-pandemici finora avvenuti. La storia naturale dei fenomeni pandemici infatti segue leggi in gran parte dettate da motivazioni evoluzionistiche. Analogamente appartiene a un quadro darwinista l’emersione ripetuta nei recenti decenni di nuove malattie, causata dall’alterazione del rapporto uomo-natura per via delle attività economiche umane. Lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali e la creazione crescente di interfacce tra ambiente e microrganismi potenzialmente pericolosi e la specie umana si diffonde senza nessun controllo e a gran velocità. L’ecosistema reagisce all’introduzione di variabili culturali ed economiche umane non compatibili e non sostenibili. L’adeguamento spontaneo e di necessità lento in condizioni di natura dei serbatoi animali alle nuove e inedite di condizione di attrito epidemico con l’uomo non può avvenire, favorendo la trasmissione di microorganismi che si predispongono ex novo al famoso salto di specie per selezione naturale.
A intervalli più o meno lunghi possono ripresentarsi eventi epidemici, tutti potenzialmente pericolosi …” And so let it be with COVID-19”.
Ma al netto di vaccino e/o terapie specifiche antivirali o altre, cosa può fare la specie umana per contenere la diffusione della pandemia? Quello che già fa abbassare il famoso tasso di Riproduzione dei Casi: R0! Non potendo abbassare la probabilità di trasmissione per contatto o la durata dell’infettività per singolo caso, bisogna agire sul numero dei contatti per singolo caso. Quello che sta avvenendo col distanziamento sociale. Ma al netto di vaccino e/o terapie specifiche antivirali o altre, cosa può fare la specie umana per contenere la diffusione della pandemia? Quello che già fa abbassare il famoso tasso di Riproduzione dei Casi: R0! Non potendo abbassare la probabilità di trasmissione per contatto o la durata dell’infettività per singolo caso, bisogna agire sul numero dei contatti per singolo caso. Quello che sta avvenendo col distanziamento sociale.
E sul piano della risposta immunitaria? La famosa immunità di gregge?
In questo studio pubblicato da Nature da autori cinesi sono state studiate le risposte anticorpali acute a SARS-CoV-2 in 285 pazienti con COVID-19.
[…] Entro 19 giorni dall'esordio dei sintomi, il 100% dei pazienti è risultato positivo all'immunoglobulina G (IgG) specifica. La sieroconversione per IgG e IgM si è verificata contemporaneamente o in sequenza. Entrambi i titoli di IgG e IgM hanno raggiunto il plateau entro 6 giorni dalla sieroconversione. In conclusione gli autori affermano che i test sierologici, basati sulla ricerca di questi anticorpi possono essere utili per la diagnosi di casi sospetti con tamponi nasofaringei RT-PCR negativi e inoltre per l'identificazione di infezioni che risultano asintomatiche. […]
Molti osservatori, dopo attente analisi, hanno concluso che anche se in quantità variabili, tutti i pazienti guariti da Sars-CoV-2 producono anticorpi contro il virus. Questo è bene perché rende affidabile la diagnosi sierologica e, se gli anticorpi fossero proteggenti, promette bene per l’immunità. Il test usato in questo lavoro usa come antigeni la nucleoproteina di Sars-CoV-2 e un peptide della “spike”, la proteina-arpione attraverso cui il nuovo coronavirus si aggancia alle cellule bersaglio. È stato poi recentemente pubblicato un editoriale sul Lancet che espone una revisione della complessa risposta immunitaria in corso di COVID-19 e si afferma che a tutt’oggi non si conosce ancora il livello della protezione antivirale di gregge e quale percentuale di popolazione è necessaria per raggiungerla. I test sierologici effettuati su larga scala forniranno auspicabilmente un'indicazione dell'entità dell'immunità di gregge e potrebbero dare utili indicazioni confermando chi potrebbe rientrare nella forza lavoro. Vi sono però ancora dubbi sull'accuratezza dei test.
La domanda cruciale è quanto sia solido il presupposto che gli anticorpi contro la proteina spike di SARS-CoV-2 contribuiscano alla protezione funzionale? Dalla presenza di questi anticorpi per definizione protettiva, si potrà effettivamente risalire alla percentuale di popolazione sierologicamente positiva per SARS-CoV-2 (il gregge) sufficiente a mitigare le ondate successive di casi di COVID-19?
A queste e ad altre domande risponderanno i futuri studi e ricerche e anche l’andamento clinico ed epidemiologico della pandemia, con le sue imprevedibilità o remissioni.